Attenzione, ma senza esagerare!
Un post (ancora) estivo più un breve flash su una tendenza nelle telecomunicazioni
Nel giugno del 2018 il New Yorker pubblica una vignetta di Pia Guerra. La scena illustrata dalla cartoonist è molto semplice: siamo in uno studio medico.
Il dottore indossa il suo camice bianco e naturalmente porta gli occhiali da lettura. Questo dettaglio aiuta a definire il suo ruolo. Ha in mano un documento che ha proprio l’aria di essere un referto. Accanto a lui, seduto sul lettino, un giovane dall’aria preoccupata aspetta di essere informato sul suo stato di salute.
Il medico dà un’ultima occhiata ai documenti e gli dice: “Ecco qual è il suo problema: sembra che lei stia prestando troppa attenzione a quello che accade”.
La vignetta porta al sorriso proprio perché è sorprendente: mostra l’eccesso di attenzione come una forma di malattia. Inverte la logica. Siamo abituati a pensare che sia il deficit di attenzione il problema e non il suo eccesso. Eppure sorridiamo, perché questa situazione rivela una condizione molto diffusa, quasi la normalità per tutti: siamo distratti.
In un mondo dove spesso si promuove la superficialità o l'indifferenza come meccanismi di sopravvivenza o di convenienza, prestare attenzione può portare a disagio o a un senso di frustrazione, poiché implica una maggiore consapevolezza delle problematiche sociali, politiche o ambientali. È così che ci sentiamo?
Siamo distratti da troppi stimoli o abbiamo difficoltà a prestare attenzione. È un’eccezione la persona che oggi presta attenzione, come suggerisce la vignetta di Pia Guerra? Diversi studi dicono che, qualsiasi sia l’interpretazione che diamo alla vignetta, abbiamo un problema di attenzione.
Quello che interessa è comprendere quali siano le cause e le conseguenze di questa condizione. Conseguenze che riguardano il nostro modo di apprendere, di relazionarci con gli altri e con i mezzi d’informazione, con la nostra idea di futuro, soprattutto aiutarci a comprendere dove stiamo andando, quali sfide ci aspettano. Osservando i nostri comportamenti, mostriamo una serie di contraddizioni molto diffuse. Siamo nomadi digitali, ma anche residenti permanenti sul divano. Compiamo imprese talvolta eccezionali, ma al tempo stesso abbiamo paura del confronto con gli altri. Siamo nostalgici della carta e della radio, ma allo stesso tempo sperimentatori digitali.
La tecnologia ci rende sempre più simili ai centauri, metà consumatori, metà autori di contenuti. Questo doppio ruolo non sempre aiuta. Riduce le nostre competenze come produttori, ma anche come semplici consumatori.
Viviamo un momento di meravigliosa contraddizione. Abbiamo abitudini e comportamenti che sono la festa dell’incongruenza: consumiamo prodotti organici e gin & tonic al tempo stesso. Inquiniamo il pianeta e puliamo le aiuole sotto la nostra casa quando le troviamo piene di rifiuti. Viaggiamo in aereo e poi andiamo a piedi nelle città tossiche.
Studiare i meccanismi dell’attenzione sarà sempre più decisivo nel prossimo futuro. Permetterà di valutare l’impatto dell’apprendimento nei singoli e le conseguenze sul sistema economico e delle relazioni sociali. E forse anche fare un po’ di luce sulle nostre contraddizioni. Del resto, Yuval Noah Harari, il filosofo autore di Sapiens, nel suo libro 21 lezioni per il 21° secolo, decide di inserire in esergo una frase piuttosto esplicita: “In un mondo allagato da informazioni irrilevanti, la lucidità è potere”.
Come il dottore della vignetta del New Yorker suggerisce, forse quello che ci serve davvero è imparare a gestire la nostra attenzione, a decidere quando e dove concentrarsi su un tema. E a capire che, talvolta, potrebbe essere una buona idea fare una pausa, staccare, e guardare il mondo con occhi nuovi.
Attenzione a Verizon,
che ci permette di intravedere una linea di tendenza nel settore delle telecomunicazioni e dei media.
La notizia l’ha riportata il sito Semafor
Verizon sta acquistando la rete in fibra ottica di Frontier per 20 miliardi di dollari.
Questo accordo segna la fine di un capitolo in cui le grandi telecomunicazioni hanno tentato di diventare aziende mediatiche.
Verizon ha investito miliardi in aziende come AOL, Yahoo, Tumblr e Huffington Post, ma ha venduto tutto nel 2021 ad Apollo per molto meno.
L’esperienza di AT&T nel settore mediatico è stata ancora più disastrosa rispetto a quella di Verizon.
L'acquisizione di Frontier mostra che Verizon sta concentrando nuovamente le sue attività nel settore delle telecomunicazioni, preferendo "possedere i binari anziché i treni".
Sia Verizon che AT&T hanno trovato un nuovo ruolo nel settore dei media, agendo come fornitori di pacchetti senza produrre contenuti propri.
Verizon per esempio offre pacchetti che combinano servizi, fra questi Netflix.
da Semafor